L’amore è una magia che può avvenire a tutte le età. Ecco com’è dopo i 50 e dopo la menopausa.

Separarsi e poi sorprendersi a desiderare di nuovo, decidere di passare un po’ di tempo distanti da nuove relazioni e poi scoprire di non aver considerato quell’incontro, decidere consapevolmente per una vita da single e poi, semplicemente, innamorarsi di nuovo, anche se le candeline dei 50 sono state spente già da un po’.

Sono tanti i motivi per cui puoi guardarti nello specchio e vedere una donna matura ma alle prese con qualche paturnia del cuore, di quelle che pensavi fossero passate ormai da un pezzo. Eppure ci si può innamorare di nuovo e ogni volta può essere diverso e bellissimo, anche se non era programmato.

Ecco come mi è successo di nuovo.

Come ho “tolto la polvere” e ho ritrovato me stessa

La mia amica Francesca è più di un’amica. Abbiamo vissuto insieme tutti i momenti più importanti delle nostre vite, dal primo giorno di scuola – ormai quasi 50 anni fa – al primo amore, dalle seratacce da recuperare fino ai matrimoni, alle separazioni, alle risate a crepapelle e ai momenti più bui, vissuti con le lacrime agli occhi ma con la certezza di avere una spalla che le avrebbe asciugate. Lei è l’unica persona che quando ci chiamiamo riesce a capire il mio stato d’animo dal “ciao Fra” che le dico appena sento la sua risposta all’altro capo del telefono.

E così è stata lei la prima a capire che quella cena di lavoro si era rivelata molto più memorabile di ciò che mi sarei aspettata. Ci eravamo sentite appena 24 ore prima e avevo passato 20 minuti buoni a lamentarmi di quell’invito, un appuntamento al quale avrei preferito di gran lunga non essere presente, sia per il fatto che ormai l’apice della mia libidine è divano e copertina, sia per via del mio sincero e totale odio verso questi contesti formali pieni di coppie eleganti e sorridenti, profumi stucchevoli e bigiotterie abbaglianti.

Vabbé, lo ammetto. Forse c’è dell’invidia di qualche cosa che non ho mai avuto: il mio compagno era tutt’altro che sorridente ed elegante… ho commesso l’errore di innamorarmi di un uomo molto poco formale e attento all’etichetta. In compenso mi attraeva incredibilmente, aveva un corpo che mi sussurrava ogni volta di avvicinarmi e l’unica cosa che ha funzionato davvero tra noi è stato il sesso. Così quand’è finita la magia – che prima o poi finisce per tutti, altro che! – s’è portata appresso anche lui con un codazzo di isterie (mie), silenzi totali (suoi) e quella sensazione di fallimento che suppongo appartenga ad entrambi.

Oggi questo mio passato recente non ha più alcuna importanza. Si è dissolto in un momento, come una bolla d’aria che scoppia sul pelo dell’acqua. “D’improvviso, ho visto la mia fine sul tuo viso”, cantava Battisti descrivendo la fine di un amore. È da circa tre mesi che me la canticchio. Pensando a quel “mia” come alla vecchia me. Quella che stavo diventando con le mie convinzioni sul fatto che ormai fosse troppo tardi per innamorarsi di nuovo.

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Innamorata a 50 anni. E ora? Che si fa?

Neanche a dirlo: esattamente tre mesi fa, la mattina dopo quella cena, alle 7 e un quarto di un venerdì di marzo, ho chiamato Francesca. Mi ha risposto trafelata pensando che fosse successo intimità e menopausaqualcosa di brutto.

  • Gloria!
  • Ciao Fra
  • Santo cielo, tutto ok?
  • Sì… ah, sì scusa per l’orario ma volevo dirti una cosa prima di andare in ufficio
  • Poi ieri sera ci sono andata a quella cena
  • Gloria… non mi dire che hai visto Buzzy (che sta per “buzzurro”, il delicato epiteto col quale chiama il mio ex)?
  • Mah no… figurati. Eh niente, volevo solo dirti che c’ero andata… insomma che sto bene e che… volevo chiederti se quando stacchi ti va di venire da me per un aperitivo
  • Gloria… sicuro, tutto bene?
  • Sì Frace.
  • Alle sette sono da te. E ordino le pizze che mi sa che è una cosa lunga.

L’aveva capito al volo: talmente tanto che quando sono andata ad aprire la porta si è presentata con due cartoni fumanti e una bottiglia ghiacciata di Lambrusco spumante rosé (il vino perfetto per la pizza) e un sorrisetto stampato in faccia: “Te l’avevo detto che stavi invecchiando solo dentro la tua testa, amore mio!”

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Ci siamo sedute, ci siamo guardate, lei ha sorriso. Abbiamo aperto lo spumante, abbiamo fatto cin-cin all’amicizia e ridendo mi ha fatto la stessa domanda che ci facevamo da adolescenti quando sapevamo dell’inizio di un nuovo flirt: “E com’è, è figo?”

Le ho raccontato di come ero arrivata alla cena con una noia addosso che neanche la messa in piega mi stava su… saluti, convenevoli, e poi mi avevano sistemato al tavolo non con i miei colleghi di stanza, ma con quelli dell’altro dipartimento che non conoscevo neanche di vista. Così avevo già progettato di andare via appena dopo il discorso del capo e in ogni caso il prima possibile. Ero io, con altre 3 persone in un tavolo apparecchiato per otto. Una tristezza epica. Mi sono seduta accanto a una tipa in modo da avere il vuoto davanti e non essere costretta a guardare in faccia nessuno. A un certo punto arrivano altre due persone al nostro tavolo e si siedono, lui di fronte a me e lei accanto a lui. Si tolgono la mascherina e ci guardiamo, io e lui. Il suo sguardo mi ha svegliato da un momento di vuoto cosmico, come se per un attimo mi fossi resa conto di essere seduta lì a quel tavolo. E forse si è pure visto, perché mi ha salutato come si saluta una che si è appena alzata dal letto: “Buonasera!”. A me. Solo a me. “Buonasera, – ho risposto io spostando lo sguardo su di lei e cercando di indovinare il tipo di relazione che avevano – sono del marketing”, “Io sono Marco, piacere. Lei è Roberta, un’altra collega della logistica”.  Vabbé, la sintesi è che abbiamo incominciato a guardarci e poi a parlarci e io non ho ascoltato una sola parola del discorso del capo perché stavo cercando di mettere a fuoco i miei pensieri che facevano l’altalena tra un “chissà com’è veramente” e un “non sei più una ragazzina”, riferito a me stessa e alle mie potenzialità amatorie ormai ridotte al minimo dalla secchezza, dall’astinenza prolungata dopo la separazione e dalla rassegnazione.

Tra una portata e l’altra abbiamo provato a trovare – per deduzione – il bandolo delle nostre vite, per scoprire se fra noi c’erano delle transenne o una via sgombra. Poi mi ha invitato a prendere il caffè fuori in giardino e mi ha tirato fuori dei sentimenti di benessere che non ricordavo più da quando uscivo la sera.

  • Sì, vabbè… ma poi?

Francesca aveva mangiato metà della sua funghi e salsiccia bianca e io ancora niente.

  • Poi niente, France. Poi ci siamo salutati con il gomito e ce ne siamo andati ognuno a casa sua. Però è stato bello.
  • Tu sei tutta scema… ma neanche una parola sul “dopo” ieri sera?
  • France… ho 56 anni e…
  • E che? Che vuoi dire? Anche io ho 56 anni e non ci penso neanche a farmi scappare una cosa simile, se mi capita. Anche lui non è più un ventenne… e allora? Che facciamo: ci dichiariamo “chiuse per fallimento”?

Come sempre aveva ragione, ma l’avrei scoperto qualche giorno dopo.

Amore dopo i 50, oh yes!

Ci siamo rivisti sul lavoro, mi è venuto a cercare ed è stata una grande rivincita che mi sono presa su me stessa, sulle sciocchezze che avevo architettato per scappare alla paura di stare sola e di finirla così. Abbiamo pranzato insieme la prima volta di mercoledì, a una settimana quasi dalla cena. È stato molto imbarazzante ma contemporaneamente un grande sollievo: piacevo ancora a qualcuno che addirittura mi era venuto a cercare. Poi ancora il venerdì, l’avevo chiamato con una scusa e ci siamo visti sotto il suo ufficio per un caffè dopo la pausa pranzo. Poi quel sabato pomeriggio, ero con Francesca in giro per negozi di scarpe, e mi è squillato il telefono. Era lui che mi invitava a raggiungerlo per un aperitivo in centro. Stavo quasi per dirgli che avevo da fare, perché io e France avevamo programmato di andare al cinema, ma con una gomitata sul mio braccio e l’altra mano a paletta, ondeggiante come ad affettare l’aria, mi aveva autorizzato a darle buca e a raggiungere Marco.

Alla fine non so nemmeno io com’è che è andata. Ma quella sera l’aperitivo è diventato una cena e la cena un dopocena e il dopocena è diventato facciamo-due-passi-insieme e poi l’umidità lattiginosa di metà aprile ci ha avvolti in una specie di nebbia densa che ci ha nascosto al mondo. E lui mi ha baciata che era quasi mattina, mentre passava il mezzo a pulire le strade.

Così mi sono ritrovata all’inizio di una storia, esattamente come avrebbe potuto essere a trent’anni. Ho capito che l’amore non cambia le sue modalità, il suo rituale e le sue sensazioni. Con Marco ci frequentiamo da qualche settimana e facciamo l’amore, con un po’ di fatica per via di qualche doloretto e della stramaledetta secchezza che è arrivata con la fine del ciclo. Ne ho parlato già con la mia ginecologa che mi ha sempre detto che la menopausa non è una malattia e abbiamo studiato un approccio adatto.

Ed è stata la cosa più bella che io abbia fatto per me stessa negli ultimi anni. Non so come andrà avanti con Marco. Per il momento è tutto nuovo e bello e me la sto vivendo come una grande sorpresa. Non voglio più avere pregiudizi perché erano quelli che mi frenavano. Amare dopo i 50 si può e come. E sono sicura che con l’aiuto della mia specialista di fiducia potrà essere ancora più bello e soddisfacente.

Io ne sono la prova vivente.

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