Rimettersi in gioco con il lavoro dopo i 50 anni

rimettersi in gioco col lavoro

Alcuni consigli e iniziative per le donne che per scelta o necessità devono rimettersi in gioco, che vogliono ricollocarsi nel mondo del lavoro e valorizzare l’esperienza acquisita.

Per necessità, per aiutare i figli ma moltissime anche per piacere personale. Sono le lavoratrici, spesso neo-imprenditrici, che iniziano attività e nuove avventure nel mondo del lavoro con successo e soddisfazione, anche dopo i 50 anni.

Le loro storie sono fatte di famiglie pro e contro le loro scelte, problemi da affrontare, sfide accettate e porte chiuse che si trasformano, con determinazione e, a volte, con innegabile lungimiranza, in grandi opportunità.

Leggendo le vite di alcune di queste donne straordinarie – eppure così normali – emergono tratti che le accomunano: la consapevolezza della propria forza, della propria unicità e la voglia inesauribile di imparare cose nuove, la curiosità che le ha portate ad esplorare le possibilità della vita senza pregiudizi, senza preconcetti.

Alcune di esse vengono da vite familiari fortunate, altre meno, per alcune le scelte sono state semplici, per altre dolorose: qualunque fosse la condizione di partenza, nessuna di esse ha trovato rifugio nella lamentela, nella rassegnazione, nell’indolenza.

Ecco alcune delle loro storie più belle, accompagnate da un excursus sulle casistiche che si aprono oggi per le donne che hanno voglia di sperimentarsi in nuovi ruoli.

Mary Kay Ash, dalle vendite porta-a-porta alla fama dei cosmetici

È una delle storie più celebri dell’imprenditoria femminile americana e inizia nella contea di Harris, in Texas, nel 1918, quando la signora Lula Wagner dà alla luce la piccola Mary Kathlyn.

L’infanzia di questa bimba assomiglia a quella dei film, segnata da una lunga malattia del padre, che costringe la madre a lavorare fino a 14 ore al giorno in un ristorante del posto per mandare avanti una situazione economica difficile. Una condizione nella quale Mary deve necessariamente crescere in fretta, per accudire il papà di giorno e studiare duramente la sera, fino a completare gli studi alla High School di Houston.

Nelle orecchie di Mary, per tutta la vita, risuonerà il refrain “si può fare”, quello che la mamma le aveva insegnato ad anteporre a qualunque problematica da affrontare.

Così a soli 17 anni, Mary Kay si sposa con un uomo che le dà presto 3 figli per poi partire arruolandosi nell’esercito, durante la Seconda Guerra Mondiale. Senza il marito e con i figli a carico, Mary Kay è costretta a trovarsi un lavoro per mandare avanti la casa.

Trova un posto come venditrice porta-a-porta di libri e la sua innata capacità negli affari la porta in pochi mesi a guadagnare l’incredibile cifra di 25 mila dollari. Il suo traguardo non viene però ricompensato anche negli affetti: alla fine della guerra il marito lascia il tetto coniugale e i due si separano.

Dopo alterne vicende lavorative che confermano le sue straordinarie capacità nel marketing, non sempre apprezzate da un mondo degli affari ancora profondamente maschilista, nel 1963, all’età di 45 anni, Mary decide di investire 5 mila dollari in un’attività tutta sua, che nasceva da una delle sue grandi passioni: un’azienda di cosmetici. Viene fondata così la Mary Kay Cosmetics, che nel primo anno tra consulenze e vendita realizza l’incredibile profitto di 200 mila dollari.

La sua filosofia aziendale si è retta per tutta la vita su quello che era sembrato in prima istanza a se stessa, l’atteggiamento più positivo dei suoi “vecchi” datori di lavoro: meritocrazia e incentivi. Premi generosi venivano riconosciuti ogni anno ai dipendenti al raggiungimento di risultati, un approccio non comune per l’epoca, ma che ha fatto scuola, diventando un modus operandi tipico delle aziende di successo americane.

Dopo i primi anni, il successo si dichiara in tutta la sua pienezza e l’ascesa di Mary Kay è inarrestabile: nel giro di 10 anni entra nella Hall Of Fame delle imprenditrici, pubblicando anche una biografia che diventa presto un best seller da un milione di copie,

nel 1983 viene nominata tra le 100 donne più importanti d’America e nel 2001, anno della sua scomparsa, l’azienda ormai gestita dai suoi figli, contava oltre 800 mila dipendenti in 37 Paesi.

In questo mondo ci sono tre tipi di persone: quelli che fanno succedere le cose, quelli che guardano le cose accadere e quelli che si chiedono che cosa è successo. Noi tutti abbiamo una scelta. Tu puoi decidere quale tipo di persona vuoi essere. Io ho sempre scelto di stare nel primo gruppo

Mary Kay Ash

Chi sono le over 50 del 2016 che ricominciano dal lavoro

La storia di Mary Kay è sicuramente figlia di un’altra epoca e di un’altra società, ma questo non deve indurre a pensare che certi percorsi possano verificarsi soltanto oltreoceano. Anche in Italia, dove l’imprenditoria femminile ha un enorme successo, ci sono storie emozionanti che raccontano di successi e di carriere, anche in età matura.

Chi sono, dunque, le cinquantenni italiane che ricominciano dal lavoro?

L’ultimo rapporto Istat che cita distintamente il segmento sociale degli over 50 (dati di luglio 2016) racconta di una situazione che vede gli occupati calare nelle classi di età fino a 49 anni, mentre si registra un piccolo incremento nella fascia di età successiva.

Le motivazioni per le quali alcune donne decidono di ricominciare a lavorare oppure di iniziare un nuovo lavoro dopo i 50 anni sono però tante e diverse.

Ricominciare per necessità

Alcune devono fare i conti con una necessità, quella di avere altre entrate, nella maggior parte dei casi per situazioni imprevedibili che si verificano e sconvolgono uno status quo familiare: un matrimonio finito, un licenziamento o semplicemente perché, con i figli che crescono, uno stipendio solo non basta più. In questi casi si è disposte a tutto, pur di superare la “crisi” e quello che viene in mente è un rientro nel mondo del lavoro partendo non dalle proprie competenze ma dai propri bisogni immediati.

Decidere di rimettersi in pista in questo modo potrebbe non essere semplice e costringe a fare i conti con modi completamente differenti che la ricerca lavoro utilizza, rispetto a quel che era 20 o 30 anni fa. Internet e la digitalizzazione sono indispensabili, i centri per l’impiego – le vecchie agenzie di collocamento – non sono spesso in grado di supportare realmente una ricerca attiva e le agenzie interinali… sono adatte ad un over 50?

Rosario Rasizza, AD di Openjobs-Metis, ha raccontato il mondo delle agenzie per il lavoro: “Le agenzie una volta erano considerate una soluzione “da sfigati” o al limite da studenti al primo impiego – spiega Rasizza – Oggi non è più così, c’è una rete di 2500 sportelli sul territorio, altamente qualificati, preparati a far fronte alle nuove sfide”. Le agenzie per il lavoro sono una delle possibilità per ricollocarsi, uno strumento per tutti: “Bisogna sempre tenere alta l’attenzione – continua Rasizza – perché uno quando lavora tende a non pensare alla possibilità di dover cambiare posto.

In ogni caso, la cosa migliore da fare in questi casi è mettersi subito in movimento. Da donna matura hai certamente più consapevolezza di te e più capacità di discriminare tra ciò che è adatto e ciò che non è in linea con le tue aspettative, sotto ogni punto di vista.

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L’organizzazione è tutto e un “piano di rientro” che includa anche dei percorsi di formazione e aggiornamento, potrebbe essere fondamentale per raggiungere l’obiettivo.

Questo aspetto è raccontato bene in un articolo sul Corriere della Sera, dalla protagonista, Patrizia Brambilla, che a 53 anni, dopo essere stata licenziata dall’azienda nella quale lavorava, si è trovata nella necessità di cercare un nuovo impiego e di “ricominciare davvero dalle piccole cose.

Mi sono chiesta, ad esempio: cosa scrivo nel curriculum? In che modo affronto un nuovo colloquio? […]. Patrizia ha iniziato così una vera e propria maratona del re-start – si legge nell’articolo – ha preso appunti, seguito corsi, consultato docenti, sostenuto esami. Ha imparato come relazionarsi con gli head-hunter, come far valere la propria esperienza e, soprattutto, come non smettere di credere nelle sue potenzialità […]”. Il nuovo lavoro, dopo qualche tempo, è arrivato: “Ribadisco – conclude Patrizia – ai giovani e ai meno giovani: oggi la flessibilità è tutto”.

Ricominciare con un investimento per i figli

Alcune donne over 50 si reinventano a lavoro con l’obiettivo di investire su un’attività da lasciare nelle mani dei figli, come eredità, come possibilità di un impiego più certo e sicuro.

È il caso di neo-imprenditrici che non si lasciano intimorire dall’anagrafe ma puntano tutto sulla riuscita di una buona idea per sé e per il futuro della propria famiglia.

Creare qualcosa di nuovo e investire su un’idea a partire da zero non è un sogno. L’importante è rispettare almeno 3 regole semplici:

  • avere le idee molto chiare sul settore nel quale investire;
  • compiere una buona analisi preliminare che consenta di effettuare un investimento mirato e adeguato alle reali possibilità del mercato e alle competenze che si posseggono;
  • Trasformare l’idea in un progetto di sviluppo imprenditoriale, determinando gli obiettivi generali del progetto, quelli specifici, i risultati attesi e le azioni e le risorse necessarie per raggiungerli. Si tratta di farsi redigere da adeguati specialisti e professionisti un business plan economico finanziario accurato e in grado di reggere al mercato e alle richieste di finanziamento pubblico e privato.

Il percorso per avviare un’attività è denso di pro e contro insiti proprio nella decisione di far da sé. Il vantaggio di poter gestire il lavoro autonomamente e di poter compiere scelte senza dover per forza soggiacere a quelle di qualcun altro non è sempre compensato da altrettante semplificazioni nella quotidianità del nuovo business: gli oneri burocratici, gli investimenti in marketing e pubblicità, la necessità di far quadrare il bilancio e i risultati ricadranno tutti sulla tua responsabilità. Pertanto sono necessari una ferrea volontà iniziale e un grande entusiasmo.

Non da ultimo dovrai essere certa che i tuoi figli vorranno proseguire la tua attività, che in qualche maniera le tue scelte vadano davvero incontro alle loro; neanche questo è scontato: se è vero che nel nostro Paese la maggior parte delle aziende e delle attività sono a carattere familiare, è vero anche che pochissime superano la seconda generazione. Lo conferma in un’intervista Sergio Cimino, consulente di family Business, docente di strategia d’impresa presso l’Università di Perugia: “Per garantire la continuità, l’impresa deve essere capace di sostituire gradualmente il complesso di norme familiari che ne hanno garantito il decollo, con un complesso di norme aziendali indispensabili per raggiungere la quota desiderata e mantenere la rotta programmata. Quelle stesse regole che avevano garantito la partenza dell’impresa […] rischiano di comprometterne lo sviluppo. […]”

Imprenditrice per piacere: il tempo (finalmente) di dedicarti alle tue passioni

Un’altra possibilità che vede una percentuale di donne over 50 rimettersi in gioco con il lavoro è costituita da coloro che “inventano” la propria attività partendo da ciò che più amano fare.

Moltissime di queste imprese sono costituite da donne che danno libero sfogo alla creatività, mettendo su piccole realtà che fanno dei piaceri personali, di abilità specifiche e degli hobbie, veri motori di attività imprenditoriali, alcune volte molto redditizie.

Queste storie sono solitamente ricche di sorrisi e soddisfazioni, di un po’ di incredulità per i risultati raggiunti e di tanta passione. Come quella che Fabiana ha raccontato qualche anno fa sulle pagine di La Repubblica: ex insegnante con una baby pensione, 60 anni portati bene, un nuovo amore “esploso” nella sua vita soltanto qualche mese fa e il sogno realizzato di comprare una casa sul mare e di trasformarla in un raffinato ed esclusivo Bed&Breakfast. “Devo dire che la mia caratteristica è quella di ritrovarmi a rivoluzionare tutto ogni dieci anni – confessa Fabiana – e credo di essere di nuovo alla vigilia di un mutamento. Insegnavo e sono riuscita a lasciare a 40 anni un lavoro che non mi piaceva più. Poi ho avuto un periodo di incertezza, non sapevo bene cosa fare della mia vita, sapevo soltanto quello che non volevo“.

E così, anche grazie a internet che facilita la possibilità di farsi conoscere e creare un business implementato dal passaparola virtuale, nascono ogni giorno nuove micro-attività fatte da donne che realizzano abiti, oggetti, borse, torte oppure si lanciano nei servizi o nell’associazionismo, rimettendo in piedi vecchie passioni o studi universitari accantonati per anni, per far posto alla famiglia.

Rimettersi in gioco con il lavoro: l’importanza della componente psicologica

Leggendo queste storie, certamente è venuta voglia anche a te di rispolverare quella vecchia idea, chiusa nel cassetto e di creare qualcosa di tuo. Ma come iniziare? Certamente, dopo aver pensato bene all’idea e averla concretizzata in un plausibile business plan, l’atteggiamento psicologico diventa una componente fondamentale.

Ne abbiamo parlato con Massimiliano Barattucci, psicologo del lavoro e psicoterapeuta, docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni all’Università Ecampus: “Quando si decide di mettere in piedi una propria idea di business, ricominciando a lavorare dopo una pausa o dopo un’interruzione è fondamentale ripartire dall’aggiornamento, non pensare di essere “arrivate” solo perché “mature”. Si può ancora imparare tantissimo – continua Barattucci – e si deve, perché in pochi anni le evoluzioni del mondo del lavoro sono state e saranno numerose.

Oltre ciò, ci si troverà a confronto con persone più giovani e questo pone nella condizione di dover essere pronte a gestire un certo conflitto interiore: potrebbe scatenarsi la paura di non essere “adeguate”, sia per un fattore legato all’età, sia perché ci può essere la sensazione che negli anni tutto sia andato avanti, mentre noi siamo rimaste ferme.

Quando si prova invece a fare qualcosa di completamente nuovo rispetto al percorso di studi o di lavoro precedente è invece tutto diverso. In questo caso vale al massimo la motivazione personale che deve essere forte e decisa. Una donna dopo i 50 anni può avere anche una lucidità maggiore che rende più facile discriminare sulla validità di alcune idee di business”.

Book readerI medici e i professionisti che hanno contribuito alla realizzazione e alla validazione scientifica dei nostri contenuti.


Staff Medico

Emmanuele A. Jannini

Ordinario di Endocrinologia e Sessuologia Medica

Staff Medico

Roberta Rossi

Psicologa, Psicoterapeuta e Sessuologa

Staff Medico

Massimiliano Barattucci

Psicologo, Psicoterapeuta

Staff Medico

Rossella Nappi

Clinica Ostetrica e Ginecologa

Staff Medico

Valentina Trionfera

MSL & Medical Advisor

Staff Medico

Maria Vittoria Oppia

Medical Advisor Shionogi
(Ottobre 2016/Agosto 2018)

Staff Medico

Elena Vita

MSL & Medical Advisor Shionogi (agosto 18/settembre 20)